Pro Loco Salt
Cosa significa il logo della Pro Loco Salt
Notizie certe della borgata originaria di Salt sono riportate in un atto dell’anno 762 “in Ripa que vocatur Salto”: il nome Salt ha derivazione dal vocabolo latino Saltus nel significato originario di “bosco”. È questo il motivo per cui nel logo della nostra Pro Loco compare un albero.
Sullo sfondo abbiamo collocato il nostro campanile, costruito presumibilmente fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900. Esso è tutto ciò che rimane del complesso di edifici relativi alla Chiesa settecentesca demolita , nel corso degli anni Sessanta, dopo una sofferta ma necessaria decisione che vide coinvolte tutte le famiglie del paese.
Come accade sempre dopo ogni guerra, all’inizio del secolo scorso affiorarono le cicatrici di profonde ferite. I primi dolori incolmabili erano quelli che si provavano per la morte di un familiare, perduto forse nel fiore degli anni. Il paese di Salt aveva parecchi esempi di questi lutti alla fine del primo conflitto mondiale. È per questo motivo che fu innalzato, nella piazza del paese, il Monumento ai Caduti, raffigurato al centro del logo.
In primo piano, infine, troviamo il quarto simbolo di Salt: il ponte. In passato il Torre, nelle stagioni piovose, si ingrossava fino a rompere gli argini e straripare nella campagna circostante, allagando e distruggendo ogni cosa. Molti, inoltre, erano stati travolti dalle sue acque nel tentativo di giungere sull’altra sponda. Fu così che nella primavera del 1915 iniziarono i lavori del ponte sul Torre tra Salt e Godia. La gente cessò di servirsi di guadi dissestati e il paese cominciò a svilupparsi e ingrandirsi.
Toponomastica
Salt: friul. Sât.
Derivazione dal vocabolo latino Saltus nel significato originario di “bosco” e indicante le caratteristiche del fondo: Saltus, terreno assegnato a zona boscosa.
Rinvenimenti Preistorici
Il Gruppo di Ricerche Preistoriche della Società Filologica Friulana, nell’ambito delle prospezioni sul terreno posto sulla riva sinistra del Torre, rinvenne, nei pressi dell’abitato di Salt, alcuni manufatti in selce. Con l’estendersi delle ricerche, si giunse ad individuare con esattezza l’esistenza di ben tre zone che rappresentavano l’area dell’antico villaggio preistorico. Probabilmente non sapremo mai con esattezza quando comparve per la prima volta l’uomo sulle nostre terre, a quale razza appartenesse, né quali eventi lo portarono qui; tuttavia, analizzando attentamente le molteplici fonti paleontologiche attualmente disponibili, possiamo supporre che questo evento sia accaduto verso la fine del paleolitico medio o nel superiore, vale a dire in una età posta tra i 40.000 e i 10.000 anni avanti Cristo.
Insediamento Celtico e Romanizzazione
La penetrazione celtica del V e IV secolo a.C. nel territorio avvenne a più riprese, gradatamente; prima fu occupata la zona montagnosa, poi quella collinare, infine la pianure. I Celti, o loro dirette stirpi etniche più animose ed evolute, furono quindi i primi abitatori stabili della nostra terra. Tracce della presenza celtica nel comune di Povoletto appaiono nei toponimi formati da un patronimico latino e dal suffisso aggettivale di proprietà celtico.
In età romana, verso il 52 a.C, per ragioni strategiche e anche per frenare l’incursione di alcune tribù bellicose, si provvide ala costruzione di due Municipia fortificati nella pianura friulana; uno di questi fu Forum Julii (Cividale). Il territorio assegnato a Forum Julii all’epoca della sua fondazione comprendeva, a ovest, tutta l’area sulla sinistra del corso del torrente Torre, inclusa quella parte oggi sotto l’amministrazione comunale di Povoletto. Segni della colonizzazione romana appaiono anche nei terreni di Salt.
Le invasioni barbariche e i Longobardi
Nei primi secoli dopo Cristo, le orde barbariche, non più frenate energicamente dalle centurie romane ai confini settentrionali e orientali della penisola, allettate e stimolate dalle brame di conquista si riversarono rovinosamente in Friuli. Incursioni feroci e improvvise di Visigoti e Ostrogoti, portarono stragi e desolazione negli spauriti villaggi nostrani che vennero depredati e distrutti. Varie tracce dell’influsso di questa presenza gota e dell’avvenuta fusione con gli indigeni formati da diversi gruppi etnici, ci rimangono in molte espressioni letterali, per citare qualcuna più nota: glove (da globa), rocje (da rukka), sbrego (da brikan), grampe (da grampa), ecc.
Nel 568, gli Uomini dalla Lungabarba, guidati dal re Alboino, seguiti da una grande moltitudine di popolo con le masserizie, puntarono verso l’Italia e invasero la pianura friulana. Nei due secoli di governo longobardo sappiamo la zona di Povoletto fiorente d’attività soprattutto nel campo della tessitura, allevamento e agricoltura. Interessante rilevare l’influenza longobarda anche nei toponimi, oggi pure assai ricorrenti nella lingua friulana, ad esempio cort (da curtis), curtil; braide (da breit), con infiniti derivati: braidate, braiduzze, ecc.
Il monastero longobardo di Salt
L’ideale religioso ed il fervore monacale suscitato nel Regno degli ultimi re longobardi influì anche in Friuli che, sotto questa spinta interiore, partecipò alla fondazione di alcune abbazie e monasteri benedettini.
Tre ricchi fratelli longobardi (ma nati in Friuli), Erfo, Anto e Marco fondarono nell’VIII secolo il monastero femminile di Salt, dove si ritirò la loro madre Piltrude (dal Codice Diplomatico Longobardo del 762, in Ripa que vocatur Salto, ubi Monasterium a nobis fondatum est).
Per cause a noi ignote, o comunque non ancora accertate, tra l’875 e l’888 circa, le monache benedettine di Salt abbandonarono il convento ritirandosi con pochi averi e le preziose reliquie dei Santi Agape, Anastasia, Cionia, Grisogono, Irene e Zoilo, nonché il corpo di Piltrude, nel Monastero di S.Maria in Valle a Cividale del Friuli. Un documento berengariano dell’888 attesta che dei beni del monastero di Salt passarono all’abbazia di Sesto al Reghena.
Dai documenti scritti si apprende inoltre che questo monastero godette i favori e le attenzioni non solo degli ultimi re longobardi ma anche da parte di Carlo Magno e Ludovico il Pio e questo ci farebbe pensare che il cenobio di Salt non dovette subire riduzioni di sorta almeno fino all’830.
Il Castelletto sul Torre
Non esistono documentazioni archeologiche né scritte che attestino l’esatta ubicazione del castelletto, sede del monastero di Piltrude cum aggregati feminis, citato nel diploma di Berengario dell’888 curtis de Salto cum cella. Le indicazioni, tramandate oralmente per generazioni, indicano un sito verso nord, tra le prime case del paese, poco discosto l’antico guado sul Torre. In questo luogo infatti nel 1957, durante alcune fasi di scavo vennero alla luce alcune fondazioni di ambienti insieme a un gran numero di frammenti di embrici, di mattoni e tegole romani ed alto medievali.
La Vastata Hungarorum
Le incursioni ungare, attuate sul suolo friulano fra l’898 ed il 952 si dimostrarono tra le invasioni più disastrose, selvagge e devastatrici di tutte quelle precedenti insieme. Durante queste improvvise e rapide incursioni, vennero seminati morte, desolazione e terrore, che spopolarono i villaggi e le campagne. Tale fu allora il vuoto, ed il decadimento provocato, che dovranno passare poi alcuni secoli prima che le nostre borgate riprendano vita.
La vecchia Chiesa di Salt
Un documento ci attesta l’esistenza di una chiesa a Salt alla fine del XIII. L’edificio subì danni rilevanti in due occasioni: nel 1507, a causa dell’arrivo di truppe tedesche del Sacro Impero Romano Germanico; nel 1511, per un catastrofico terremoto. La Chiesa venne ristrutturata e riconsacrata nel 1547.
Il 30 novembre 1636, la vecchia chiesa di Salt viene atterrata e inghiottita dalle acque del torrente Torre. Venne costruito un nuovo luogo di culto (dedicato a San Martino) il cui aspetto si conserverà sino al 1961, anno della sua demolizione.
L’armata d’Italia di Napoleone
Sotto il dominio napoleonico venne abolito ogni privilegio nobiliare con tutti i suoi titoli e le sue prerogative; applicato il codice civile e criminale, vietata la sepoltura dentro i centri abitati, fatte strade e combattuto il dilagante brigantaggio nato dalle brame feudali. Numerosi ordini religiosi vennero soppressi ed i loro beni incamerati dallo stato, come pure confiscate furono diverse biblioteche e archivi ecclesiastici.
[Mappa napoleonica di Salt]
[Antica abitazione di Salt: Particolare di un sottoportico che fa ingresso ad antiche abitazioni recintate situate lungo l’antico guado sul Torre. Esiste ancora la credenza popolare che nei pressi sorgesse, durante il periodo longobardo, il castelletto delle monache di Piltrude.]
Cognonomastica e onomastica (‘700-‘800)
L’origine dei nomi e cognomi che contraddistinguono famiglie e singoli possiede una genesi interessante e degna di particolari attenzioni. Dai più recenti studi si nota come sia nostra attitudine dialettale e linguistica trarre da un solo nome una infinità di derivati con diminutivi, accrescitivi, troncamenti ecc. Un esempio è quello dei Cecutti a Salt; derivati da Francesco, in friulano Francescje da cui Cescje e in diminutivo Cescjìut e quindi Cecùt, trasformato in italiano Cecutti.
Di seguito elenchiamo i cognomi locali di Salt del ‘700-‘800, con eventuali soprannomi fra parentesi:
Bacchetti, Bascarutto (Pitul), Basso (Bondin), Battistone, Bazzaro (Cafau, Cason, Cudin, Cudiz), Bergagna, Cattarossi (Cogoi), Cecutti (Bernardìn, Branc, Jeronis, Nonis, Padis, Siôr), Chialina, Chiandetti, Colombaro, Cojutti (Sinich), Cudizzo (Culau), Del Bianco (Nardìn), De Petri (Patùs), De Simonis (Culau), Di Gregorio, Elero, Flebus, Foschiano, Lirutti, Missio, Pascolino, Piani, Pitulo, Rossi (Scalo) , Rosso (Chiapin) , Schiffo (Nardon), Stefanutti (Bearzut), Todone, Vicario (Drusian), Viezzi.
Il Regno Lombardo Veneto e l’annessione all’Italia
Con l’emanazione del proclama del 4 aprile 1815 prende l’avvio l’atto di costituzione del Regno Lombardo Veneto che destina all’Austria il Friuli, già dominato da Venezia. Sopiti i primi entusiasmi popolari portati dalla rivoluzione francese, venne subito abolito il precedente Codice Napoleonico, per sostituirlo con quello Civile austriaco.
Circa 50 anni dopo si registra una delle vicende più notevoli e significative della nostra storia locale: nel 1866 il Friuli viene annesso all’Italia. Presto i capifamiglia attivi e maggiorenni, maschi abili, del Comune di Povoletto, si presentarono alle urne per la scelta degli ufficiali, sott’ufficiali e graduati della propria Guardia Nazionale Unica. Ma lo scontento della popolazione fu grande per le tasse che aggravarono il malessere della gente dei campi e per le ‘novità’ introdotte dallo Stato Italiano nel tradizionale mondo rurale e contadino.
Il transito sul Torre
Il Torre, nelle stagioni piovose, o durante temporali improvvisi, s’ingrossava fino a rompere gli argini e straripare nella campagna circostante, allagando e travolgendo ogni cosa. Lungo tutto il territorio comunale non esistevano ponti per passare oltre il torrente, ma solo guadi provvisori e pericolosi.
Il 27 aprile 1913 il Consiglio Comunale di Povoletto, in seduta pubblica, deliberò l’approvazione di un progetto redatto dall’ingegner Enrico Codugnello di Udine, relativo alla costruzione di un ponte in cemento armato sul Torre fra Salt e Godia.
La questione le ponte venne ripresa più volte, riesaminando il progetto e discutendo su come procurare il denaro occorrente per la realizzazione dell’opera.
Dopo ben due anni di vivaci dispute in Consiglio Comunale, finalmente nella primavera del 1915 vennero iniziati i lavori del ponte sul Torre tra Salt e Godia.
Un nuovo ponte sul Torre verrà inaugurato molto più tardi, il 30 maggio 1981.
Gli anni della Guerra
Nella primavera del 1915 ebbe iniziò anche per il Comune di Povoletto il calvario di due lunghe e dolorose guerre. Appena scoppiarono a giugno le prime ostilità sul fronte orientale, con i primi Caduti nell’alta valle dell’Isonzo, la sponda del Torre diventò una vera e propria retrovia di guerra per il continuo ammassamento di truppe e di merci. Subito affiorarono in ognuno le cicatrici di profonde ferite, i dolori incolmabili per la perdita di un familiare.
Uno dei primi desideri manifestati dalla popolazione dei paesi subito dopo la fine della guerra fu quello di riavere al più presto le campane che erano state requisite dagli austriaci durante la loro invasione del 1917. Anche a Salt, il 5 maggio 1922, si organizzarono festeggiamenti per l’inaugurazione delle campane. Alla messa solenne officia il cappuccino Padre Mariano di Godia; alla sera grande spettacolo pirotecnico.
Il questionario pastorale di Salt
(Prospetto religioso compilato in occasione della visita pastorale per l’anno 1935)
[…] I costumi del popolo sono buoni; diffusa vi è la bestemmia. Vi è qualche caso di donne giovani con moda procace ma vengono allontanate dalla Chiesa. Per fermare tali disordini morali si è predicato , istruito e ammonito ripetutamente, in pubblico ed in privato.
A Salt vi è uno scandalo provato dove si è rifiutata la benedizione della casa; in paese si danno balli pubblici e privati, specialmente durante gli ultimi giorni di carnevale. Negli uomini vi è qualche incidente d’indifferenza verso la religione.
Salvo tre o quattro casi, i genitori hanno molta cura nell’istruire i loro figli e nelle famiglie vige ancora la pratica di recitazione, la sera, del santo Rosario, specialmente nella stagione invernale. […]
La nuova Chiesa di Salt
Diverse furono le cause che portarono alla difficile e sofferta decisione di abbattere la vecchia Chiesa per erigerne una nuova.
In una relazione riguardante la nuova Chiesa di Salt, Don Campana faceva notare la precaria stabilità del vecchio edificio nonchè la mancanza di spazio all’interno dello stesso. Spesso infatti molti fedeli erano obbligati ad assistere alle funzioni dall’esterno. Tutto questo recava gravi difficoltà sia al parroco che ai fedeli. Infine, la constatazione dell’impossibilità di operare un semplice ampliamento della vecchia Chiesa portò alla demolizione di questa nel dicembre del 1961.
Il progetto della nuova Chiesa di Salt venne elaborato dall’architetto Luciano Ria. I lavori di costruzione iniziarono nel 1962 per finire un anno dopo. La nuova Chiesa venne inaugurata e consacrata il 23 maggio 1963 con una solenne celebrazione presieduta da S.E. Mons. Giuseppe Zaffonato.
Bibliografia
W.Ceschia, Storia di Povoletto e del suo territorio, Vol I-II, Udine, 1982
T. Venuti, La Chiesa di S.Martino “In ripa que vocatur Salto”, Parrocchia di Salt, 1995
L. Merluzzi, Salt: la Chiesa più antica e più moderna del Comune di Povoletto, Parrocchia di S.Martino- Salt, 2004
Da Nomi di Luoghi pag. 34-foto pag 44
Il lemma saltus, ha diversi significati: bosco, selva, pascolo, prateria, valico o passaggio, possessione, podere rustico o fondo rustico: omnia vada ac saltus eius paludis custodiebant= guardavano ogni guado, ogni passo e ogni selva o macchia di quella palude. Essendo sulla sponda desta del Torrente Torre una località di nome Vado-Vat situato sulla strada per Salt, sembra poter localizzare il passaggio del torrente su questa direttiva: Per cui il lemma Saltus si presterebbe a diverse interpretazioni.
L’etimo di Salt/Saat si riferisce al bosco in generale ad una vegetazione maggiore e non alle sue singole componenti. In una spiegazione un po’ ingenua salt significherebbe “salto”. Ma non vi è dubbio che alla base sia il latino saltus, ma non certo nel significato di “salto/balzo”, bensì quello di bosco. Spesso veniva usato nel senso di “alture ammantate di foreste” ( come il Saltus Ciminus do di incolto boscoso o di pascolo nel sottobosco o in zone della vegetazione folta.
Si tratta quindi di un arcaismo, evocante le fitte foreste che coprivano le rive del Torre. Oggi la zona è più disboscata. La prima documentazione del paese è del 762, quindi di età longobarda “ripa que vocatur Salto”.
Con ogni verosimiglianza l’abitato esisteva prima che si costruisse il monastero, anche se dovette svilupparsi e ricevere incremento solo dopo la fondazione di quest’ultimo: un avolta di più la disposizione perpendicolare dei confini e delle borgate, oltre che il nome arcaico e qualche reperto, sembrano concordare e deporre in favore di un’origine romana.In età tardoimperiale e barbarica si costruì ben poco di uovo a parte le fortificazioni, per cui un abitato citato in quei periodi ha buone probabilità di essere stato fondato in precedenza.
Sulla questione del rapporto nome-paesaggio nella zona si rileva ch e lungo la campestre che conduce da Salt a Grions c’è un luogo detto Silvella derivato da silva al diminutivo. Al concetto si si può associare la parola Bando che le mappe catastali danno due volte a nord-nord ovest del capoluogo. Il bando era un terreno “bandito”, riservato ai signori, agli abati, alle classi dirigenti. Spesso era proprio un bosco che fungeva da riserva di selvaggina e di legna e quindi doveva essere sufficientemente sviluppato.
Cerchia inaugurazione del ponte pag. 32
Torre pag. 55
Il torre- letto di ghiaia
L’enorme volume di detriti rocciosi che gli agenti atmosferici strappano alle catene montuose, scivola per gravità nel fondovalle. Il materiale eroso viene preso in carico dai torrenti e trasportato verso il mare, indi depositato quando la pendenza del letto si addolcisce. Si formabo così le grandi pianure alluvionali, come quella Friulana, I detriti grossolani, durante il loro lento viaggio si consumano a pco a poco divenendo, sempre più piccoli ed assumendo nel contempo una forma appiatita ed arrotondata.
Il letto di ghiaia costruito dal Torre assume così un apsetto ciottoloso. L’elevato spessore della coltre sassosa esercita un ‘ azione assorbente sulle acque superficiali. Il paesaggio magredile che così si forma assume un aspetto arido, inospitale e quasi desertico. Il corso d’acqua sembra morire, ma solo all’apparenza. In realtà il Torre continua in profondità il suo silenzioso cammino verso il mare Adriatico, andando così a completare l’eterno e vitale ciclo del’Acqua.
L’Abbazia Benedettina di S.Maria in Salt
Notizia certe di questa borgata si trovano in un atto dell’anno “ 762 in Ripa que vocatur Salto; a. 888 curtis de Salto, ecc.” dal latino saltus-bosco.
Nel maggio 762 a Nonantola (Modena) i tre fratelli Erfo, Marco ed Antonio dividono i loro beni tra il monastero di Sesto al Regherna e di Salto sul Torre, che avevano fondato ( i tre fratelli longobardi Ereto, Anto e Marco proprio a Nonantola, nel maggio 762 avevano abbandonato il mondo per farsi monaci, dividevano i beni da loro posseduti nel Friuli e luoghi vicini fra i due monasteri che essi vi avevano fondato- Erfo probabilmente fu il fondatore del monastero di Salto nel quale si era ritirata la madre Piltrude con altre monache)
In seguito Carlo Magno confermò le giurisdizioni donate da carpio (Eerfo), Antonio e Marco, per concessione di Desiderio re e di Adalgifo, per la fabbrica di due monasteri nel Friuli, uno in Sesto, terra per i monaci di San Benedetto, l’altro nella ripa del Salto in onore di Piltrude loro madre per le monache e furono poi con sacre memorie da Lotario, Berengario, Ottone e Lodovico interamente confermate.
All’epoca della fondazione del monastero benedettino, la zona come indicata il toponimo doveva essere ricca di boschi, E proprio in quella curtis, forse la più importante della zona, ma la cui estensione non possiamo limitare, si ritira , nel cenobio pur esso dedicato come quello di Sesto, alla Vergine, a Giovanni attista ed a Pietro, Piltrude cum agregatis feminis, divenendone abbadessa: